Opera dell’artista ceutano Ginés Serrán Pagán: il mito delle Colonne d’Ercole

Siamo in un momento peculiare della nostra evoluzione di sapiens sulla Terra. Sedotti da una tecnologia insinuante, la nostra vita è più facile, apparentemente, se non fosse che ci obbliga a sintonizzarci su ritmi non più organici ma meccanici.
Capita anche a te di sentirti sopraffatta, sopraffatto, dalle tante cose da fare? Dalle tante incombenze di cui farti carico, dei tanti messaggi a cui dover rispondere… tanto da non lasciarti un attimo per tirare il fiato, per pensare, per sentire?
Siamo così facilmente raggiungibili, individuabili, contattabili che il baratto della comodità con la velocità sta rivelando i suoi svantaggi. Una velocità in cui non riusciamo a prenderci più il tempo per “stare” con noi stessi.
Piano piano, e neanche poi così tanto piano piano, ci stiamo abituando a essere eterodiretti, una parolona per dire che facciamo dipendere pensieri e azioni da quello che arriva dall’esterno (pareri dell’amico di turno, tv, social, comunicati istituzionali) senza più frequentare quel punto immateriale, che davvero possiamo chiamare “io” in cui poterci consultare con la nostra coscienza.

Siamo molto più di quello che ci viene insegnato a casa e a Scuola. Noi, come singoli individui, siamo portatori di una scintilla di universo intessuta in ogni atomo del nostro corpo. Nel silenzio, nello stare fermi, nella Natura, si creano le condizioni per entrare in intimità con la nostra dimensione profonda, con il nostro centro di autocoscienza. Da qui, possiamo connettere tra loro corpo, cuore e mente, si creano i presupposti per pensare lucidamente, costruttivamente e creativamente… con la nostra testa. E per creare un nuovo stile di vita, rispettoso di ciò che siamo e di chi e ciò che ci circonda. Una via tutta da inventare.

Noi, come specie, possiamo – e dobbiamo – aprirci alla fratellanza e sorellanza con tutte le creature, riconoscere l’interdipendenza tra le componenti dell’ecosistema terrestre,  attivare il nostro potere creativo nei confronti dell’evoluzione stessa. E’ il potere che tutti noi abbiamo ma, quando non lo riconosciamo, lo stiamo delegando. “Se una cosa non la usi, non funziona”,  cantava Giorgio Gaber in Quello che perde i pezzi.

Siamo a un bivio. E’ possibile direzionare il corso dell’evoluzione umana verso il potenziamento della consapevolezza, del libero arbitrio e dell’azione responsabile nei confronti del mondo o, al contrario, spingerla verso una automatizzazione di pensieri e azioni, un avvizzimento della coscienza individuale – che diventa incapace di oltrepassare i limiti della percezione egoica di sé – e un atrofizzarsi del cuore e delle sue potenzialità connaturate di empatia, attenzione per il prossimo, senso del “noi” come spinta all’incontro e non allo scontro.

L’Ecopsicologia si inserisce attivamente in questo periodo storico per risvegliare quante più coscienze possibile alla nostra più ampia – e attraente! – realtà. L’Ecopsicologia forma Ecoleader capaci, ognuno nel suo ambito, di facilitare verso questa direzione persone, attività, progetti.

Non si tratta di tornare a vivere nelle capanne o rinunciare alla tecnologia.  “Quanta più tecnologia abbiamo, tanta più Natura abbiamo bisogno” ci dice Richard Louv, educatore statunitense, nel suo libro The nature principle. Riprendere in mano il destino del nostro pianeta vuol dire scegliere di usarla consapevolmente, vuol dire far andare la macchina a ritmo nostro e non viceversa, vuol dire intessere sapientemente, nelle nostre vite quotidiane, pause di cura del corpo, attenzione agli affetti, svago mentale, immersione nella natura, nel cielo stellato, nell’immensità degli spazi interiori. Vuol dire ritrovare il giusto equilibrio tra materia e spirito, tra finito e infinito tra ciò che sappiamo e ciò che non sappiamo.

E’ in bilico tra questi due poli  che l’evoluzione della vita sulla Terra prosegue verso orizzonti ancora per noi inimmaginabili, di cui il nostro essere il nostro attuale essere sapiens è solo una tappa. Come ogni tappa, richiede l’acquisizione di competenze da mettere poi alla prova dei fatti, nella quotidianità: siamo un pianeta “scuola”. Stiamo uscendo da una burrascosa adolescenza e ci prepariamo agli esami di maturità.  Il nostro io è molto più grande di quello che crediamo che sia e un piccolo traguardo raggiunto, ogni parola detta consapevolmente, per facilitare anche a qualcun altro il passo in più in questa direzione, è una acquisizione per l’umanità intera; nessun gesto è troppo piccolo.

L’impegno è immane.  Forse noi non ne vedremo i frutti, come le primule nei boschi a febbraio non vedranno i papaveri che ricamano bordi delle strade ad aprile… ma se le primula febbraio non accolgono richiamo di primavera, quando pochi altri lo sentono, non si creeranno le condizioni affinché i papaveri, mesi dopo, possano fiorire. L’Ecopsicologia – che connette eco, il mondo, e psiche, l’anima –  invita a seguire orgogliosamente, ognuno a modo suo, l’appello che Dante mette in bocca nella sua Divina Commedia, a Ulisse: Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza (versi 118-120, Canto XXVI dell’Inferno)

Prosegui oltre le Colonne d’Ercole – oltre il consueto, il noto, la zona di confort –  come Ulisse, o ti accontenti delle briciole di ciò che sei realmente?

 


Marcella Danon
Ecopsicologa, direttrice di Ecopsiché

Editoriale marzo 2022 – Ecopsicologia NEWS

Photo Credit: Klear Mode 2016

 

“Noi siamo la Terra” e ognuno di noi è qui per far germogliare il seme di cui è portatore e per portare alla vita i suoi fiori e i suoi frutti. Da questo ampio puntio di vista, l’Ecopsicologia propone strumenti, pratiche e protocolli che permettono di arricchire la vita personale e professionale con senso, bellezza ed efficacia.

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