Tra fisica, psicologia e mistica, la domanda cruciale per affrontare la sfida che ci attende, è sempre la stessa, quella di chiederci chi siamo e di diventarlo davvero, con la consapevolezza che questa vita è la controparte visibile di una complessa rete di relazioni che nell’invisibile tracciano percorsi che ci accompagnano a sperimentare la nostra immensità anche nella finitezza.

di Paolo Basco e Marcella Danon

Dimensione materiale e dimensione spirituale

Siamo cittadini di due mondi. Viviamo in una doppia realtà, frequentiamo – per cominciare – due dimensioni mentali: conscio e inconscio. Siamo parte di una realtà visibile, soggettiva, sotto il dominio illusorio della mente conscia, e di una realtà invisibile, di natura oggettiva, energetica, spirituale.

Fisica, psicologia e mistica additano tutte alla stessa visione ed è nel dialogo reciproco che questa polarità assume una valenza potente anche nell’arte del vivere bene quotidiano.

Il mondo materiale esiste in virtù di relazioni intercorrenti tra gli elementi fisici, ma quando scegliamo di mettere in primo piano la relazione che fra loro intercorre, ne emerge una visione della realtà governata non più dagli oggetti ma dalle relazioni. Il fisico teorico David Bohm suggerisce che “è la relazione tra le cose a realizzare il mondo fisico non gli oggetti”. Sul piano scientifico, questa è conosciuta come teoria dell’ordine implicato, che è la forza invisibile sottostante la realtà, che governa l’intera rete di relazioni esistente tra tutte le cose materiali della realtà visibile.

Bohm mette in primo piano il campo di energia intelligente e immanente in cui è immerso l’intero universo: tutto ciò che esiste nella realtà, è indiviso, interconnesso e interdipendente, comprese le persone. In questa visione, la coscienza è intessuta implicitamente in tutta la materia e la materia è intessuta nella coscienza. Questo apre a un modo completamento diverso di percepire il mondo, preparando a coglierne l’unità sottostante alla frammentazione con cui, seguendo l’approccio attuale, cerchiamo di conoscerlo.

Scienza e coscienza trovano così un interessante punto d’incontro, perché la parte inconscia della mente è quella che ha diretta connessione con la realtà invisibile dell’ordine implicato. Sul piano psicologico, c’è analogia tra ordine implicato e la dimensione dell’inconscio collettivo di Jung, quella parte dell’inconscio umano comune a tutti gli altri esseri umani, contenente simboli di tutti i tempi e di tutte le culture. E c’è analogia con la dimensione dell’inconscio ecologico di cui parla Theodore Roszak nel primo principio dell’Ecopsicologia: «L’inconscio ecologico, al suo livello più profondo, racchiude l’intera intelligenza ecologica di tutte le specie, la fonte da cui è scaturita la cultura, come riflesso consapevole di una emergente mente della natura». Entrambi, invisibili strutture dinamiche, e in continua evoluzione, della psiche umana.

Ampliando le implicazioni del concetto di ordine implicato emerge la necessità di coinvolgere una più ampia dimensione, fondamentale nell’equilibrio personale e collettivo degli esseri umani, quella spirituale. Il termine “spirituale”, qui, acquisisce un’accezione “laica”, non più vincolato ad alcuna forma di credenza religiosa, ma viene considerato nella prospettiva di un livello della realtà non percepibile dai sensi fisici dal quale la realtà tangibile e visibile trae vita, intelligenza e scopo di esistere.

Ritornare al centro

Quali le implicazioni sul piano della nostra vita quotidiana, dal punto di vista psicologico e… pratico di questi parallelismi tra ordine implicato, inconscio – personale, collettivo ed ecologico – e dimensione spirituale?

Le nostre esperienze soggettive sono determinate da pensieri, emozioni e credenze, che a loro volta sono fortemente influenzate da quella parte inconscia a cui non abbiamo accesso in modo diretto e consapevole. La nostra psiche, anima, è spesso persa e confusa, avvinta dalle apparenze, senza mappe per navigare i tempestosi mari di un’interiorità complessa, che si snoda su, appunto, due diversi livelli, uno visibile e uno invisibile, uno conscio e uno inconscio.

Il percorso di crescita personale, la sfida evolutiva che siamo qui per affrontare, deve colmare questo iato tra le due dimensioni e può farlo accompagnandoci a sviluppare la nostra consapevolezza. Come? Rimboccandoci le maniche e intraprendendo un percorso di autoconoscenza… a partire dal centro.

Se l’inconscio, da una parte, rappresenta il nostro lato oscuro, il luogo in cui si agitano forze misteriose che condizionano la qualità della nostra vita, dall’altra è anche la chiave di accesso per arrivare alla luce, al nostro Sé, inteso come il centro della nostra vera identità, “l’unificazione della coscienza e dell’incoscienza”, come dice Jung, o “rendendo conscio l’inconscio”, come dice Assagioli.

Roberto Assagioli, fondatore della Psicosintesi e amico di Jung, ci mostra come gran parte della nostra vita sia guidata da processi mentali inconsci. Tale inconsapevolezza del nostro agire e pensare ci equipara a delle marionette mosse da volontà non propria. Le cause di atteggiamenti, impulsi, comportamenti, hanno radici nel profondo del nostro essere. Per poterle cogliere, nella molteplicità di elementi e di attività contemporanee nel nostro mondo interiore è necessaria un’osservazione attenta, paziente e allenata. È qui che entra in campo quello che in Psicosintesi viene definito il direttore d’orchestra e in ecopsicologia il signore/la signora del Pianeta io: il nostro centro.

La nostra psiche ha un suo baricentro, un punto di pura coscienza – virtuale, ma allo stesso tempo incredibilmente reale – da cui possiamo fare un passo indietro rispetto ai contenuti che si avvicendano nel nostro mondo interiore e possiamo osservarli per decidere come gestirli, per scegliere se, quando e come esprimerli. Questo baricentro ha due livelli di espressione, uno terrestre e uno celeste: l’io è la parte cosciente, influenzato dalle esperienze e dalle interazioni con l’ambiente, ma capace di arricchirsi nell’esplorazione e governo di emozioni, pensieri, ricordi, pulsioni, ed è in continua evoluzione e cambiamento; il Sé, è l’altro livello, è il nucleo della nostra identità, immutabile e permanente; è il ponte tra la parte materiale e quella spirituale, funge da connettore con le energie sottili, con legami energetici invisibili tra essere umano e universo.

Questo baricentro è il centro di gravità permanente di cui canta Franco Battiato, e di cui con innumerevoli altri nomi parlano tutte le vie di ricerca interiore. È la boa a cui ancorarci nel processo di conoscenza interiore e nell’esperienza esteriore; è l’aggancio solido, saldo e sicuro grazie a cui possiamo  acquisire dimestichezza con entrambi i livelli di realtà, quella dentro e quella fuori.
Io e Sé sono due aspetti interconnessi della personalità. L’io è la parte cosciente, il nostro esserci sul piano materiale, focalizzati sull’ego; mentre il Sé è la parte transpersonale, il nostro esserci sul piano spirituale, orientati all’unione con il Tutto.

Attraverso un processo di crescita personale, l’io impara a conoscere e ad accogliere le diverse parti di sé, sviluppa armonia e coesione interna, e si apre al Sé, attingendo alla consapevolezza della sua natura più vasta, per creare ponte tra la parte materiale e quella spirituale e realizzare così il proprio potenziale.

Dobbiamo e possiamo “cercare, trovare e tornare a questo centro”, che diventa il nostro spazio sacro. Dobbiamo e possiamo ritrovare la consapevolezza di questo legame tra coscienza individuale dell’essere umano e coscienza universale. La divisione, in effetti, non esiste… «Un essere umano sperimenta se stesso, i suoi pensieri e i suoi sentimenti come qualcosa di separato dal resto: una sorta di illusione ottica della coscienza», diceva Albert Einstein. Nei Veda, antichi testi sacri dei popoli Arii dell’India settentrionale, il centro viene indicato con il termine sanscrito Atman, Sé individuale, che infine scopre di essere uno con Brahman, Sé universale. Il centro è il punto da cui siamo partiti quando, all’inizio dei tempi, la nostra anima ha scelto di vivere questa esperienza terrestre in forma umana e una volta ritrovata la piena consapevolezza individuale, la coscienza si espande fino a comprendere ogni cosa esistente, a identificarsi con la stessa essenza divina.

Avere uno scopo nella vita

A qual pro tutto questo? Ora che la vita ci ha accompagnati a capire chi siamo e che cosa vogliamo, cosa ci chiede in cambio?

Quando ci siamo liberati dalle sovrastrutture limitanti del nostro modello mentale, dovute ai nostri condizionamenti e pregiudizi, tutto intorno a noi ci appare diverso. Le cose che ci accadono sembra che siano così correlate, da portarci dritti verso la nostra meta, quella che aspettava da tempo di essere raggiunta. Sembra che l’universo stesso sia nostro complice.

Diventa naturale seguire le inclinazioni del nostro Sé, e riconoscere di avere un desiderio bruciante a cui non possiamo più rinunciare. Quindi la cosa migliore da fare, è metterci all’opera per realizzarlo, per sentirci vivi, per riscoprire la nostra felicità nella libertà di essere e di sentirci finalmente noi stessi. Per lo psicologo americano James Hillman, tutti sono su questa Terra con uno scopo, pertanto occorre riconoscere i nostri bisogni innati, le nostre inclinazioni e vocazioni, per assecondarle: se vogliamo sentirci realizzati ed essere felici, dobbiamo ascoltare il nostro personale “Daimon” «(che) ci accompagna fedele e ci stimola alla grandezza, alla potenza. Vuole essere celebre e celebrato e non desidera altro che esprimersi».

Anche secondo la legge del Dharma, ognuno di noi ha uno scopo fondamentale nella vita, e per questo dispone di un talento particolare che deve mettere a frutto per il bene dell’umanità. Dharma è un termine sanscrito che significa appunto ‘scopo’, ‘dovere nella vita’.

Deepak Chopra nel suo libro Le sette leggi spirituali del successo, specifica che «ci siamo manifestati nella forma fisica per realizzare il nostro personale scopo e il campo della potenzialità pura è la divinità nella sua essenza, e la divinità adotta la forma umana per compiere un fine».

Dunque, all’opera: l’universo vuole la nostra autorealizzazione… al servizio della vita!

 

Bibliografia:

  • Roberto Assagioli, Psicosintesi – Per l’armonia della vita, Astrolabio, 1993.
  • Paolo Basco, La Via del Cuore, 2023, pp. 39/40, 46/47, 110/111.
  • Fritjof Capra e David Steindl Rust, L’universo Come dimora, conversazioni tra scienza e spiritualità, Feltrinelli 1991.
  • Marcella Danon, Ecopsicologia, Aboca, 2020.

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